Il ruolo patogenetico della TV nei disordini alimentari negli adolescenti è noto da tempo, ma un recente studio della prestigiosa Harvard Medical School mette in luce evidenze sorprendenti.
La TV influenza in modo massiccio la popolazione occidentale e in uno studio scientifico è difficile quantificare l’importanza di un fattore presente sempre e ovunque. Quindi Anne Becker et al. hanno condotto una ricerca su adolescenti delle isole Fiji, un arcipelago del Pacifico, appartenente all’Oceania. Questo è un luogo ideale per le ricerche sui media, poichè la tv è arrivata solo nell’ultimo ventennio.
La ricerca dimostra che per una ragazza delle isole Fiji non è necessaria una TV a casa per avere un’incremento del rischio di disordini alimentari. Infatti il rischio è strettamente correlato alla quantità di tempo che amici e compagni del soggetto trascorrono alla TV mentre il tempo di visione personale della TV e quello dei genitori ha un impatto minore.
I risultati della ricerca suggeriscono che la comune pratica di spegnere la TV per ridurne gli effetti negativi su bambini e ragazzi è misura minima e necessaria ma non sufficiente. Come intervenire allora? I ricercatori propongono una responsabile regolamentazione dei media e interventi di medicina sociale sui giovani.
Il fatto che messaggi e suggestioni trasmesse dalla TV possono alterare l’equilibrio nutrizionale, regolato da funzioni istintuali, ci dà la misura del potere condizionante e distruttivo dei media. Si pone la necessità di rafforzare i processi formativi a scuola e il dialogo in famiglia.
E’ fondamentale promuovere nei ragazzi la percezione di sè, la capacità critica e la creatività individuale per contrastare i fattori patogeni della cultura di massa. Spesso i genitori sono disorientati dinanzi a problemi educativi piuttosto nuovi, vorrebbero fare di più: spiegano, si arrabbiano, si immedesimano e possono avere la sensazione che ciò non sia abbastanza e sentirsi in crisi. Il Videoconsulto con la Dott. Gili Maria Luisa, Psichiatra e Psicoterapeuta è un modo pratico, anche se si ha poco tempo, per “fare il punto” su una fase di genitorialità problematica e attivare sinergie e convergenze in direzione del miglioramento relazionale.
A. E. Becker, K. E. Fay, J. Agnew-Blais, A. N. Khan, R. H. Striegel-Moore, S. E. Gilman. Social network media exposure and adolescent eating pathology in Fiji. The British Journal of Psychiatry, 2011; 198 (1): 43 DOI: 10.1192/bjp.bp.110.078675