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Agro-omeopatia: i risultati di un’attività di ricerca in Italia

In Italia, al Dipartimento di scienze e tecnologie agroambientali dell’Università di Bologna, si svolge da trentanni  un’interessante e originale attività di ricerca in agro-omeopatia.

Il team, coordinato dalla Prof. Lucietta Betti,  inizia la ricerca di laboratorio  negli anni ’90 su semi e plantule di frumento  e prosegue con esperienze su coltivazioni.

La plantula è la piantina da poco germinata dal seme. E’ una miniera di potenzialità che si esprimono in breve tempo. Ha uno stelo sottile, ha  piccole foglie embrionali che nutrono in attesa della radice e ha  la prima gemma. Questa è composta da cellule meristematiche, dotate della capacità di replicarsi in cellule con forme e funzioni diverse tra loro e rispetto alla cellula madre.

Esperimenti di agro-omeopatia in laboratorio

Rigorosi protocolli sperimentali, numerosità dei semi testati (50.00) e significatività statistica dei risultati fanno della ricerca dell’Università di Bologna un importante punto di riferimento per lo sviluppo della ricerca scientifica in agro-omeopatia.

Sono stati studiati 5 gruppi di semi trattati con:

  1. triossido di arsenico ponderale, diluito allo 0.1%
  2. triossido di arsenico diluito e dinamizzato a varie potenze (Arsenicum album omeopatico)
  3. acqua dinamizzata
  4. triossido di arsenico a diluizione omeopatica ma senza dinamizzazione
  5. acqua di controllo

I semi trattati con dosi ponderali di arsenico  ovvero “stressati” da triossido di arsenico, noto veleno, sono risultati intossicati per meccanismi di iperossidazione. Ciò ha comportato riduzione della capacità germinativa dei semi e della crescita di queste plantule. Il trattamento con arsenico omeopatico  stimolava di nuovo in modo significativo  germinazione e crescita.

I semi  che avevano ricevuto arsenico omeopatico sono stati valutati con diverse potenze di triossido di arsenico sottoposto a processo di diluizione-dinamizzazione. La 45esima DH ha dato i risultati più significativi e riproducibili: maggiore germinazione e crescita di piante più resistenti e più ricche di nutrienti e antiossidanti.

Il trattamento con acqua dinamizzata alla 45esima DH dava crescita e germinazione migliore rispetto al gruppo di controllo, ma peggiore rispetto al gruppo trattato con Arsenico omeopatico.

I semi trattati con l’arsenico semplicemente diluito alla 45esima senza dinamizzazione, avevano la stessa germinazione e crescita di quelli trattati con acqua di controllo.

Omeopatia e biologia molecolare

L‘omeopatia applicata ai vegetali conferma che  non è la semplice diluizione ma  il processo di diluizione-dinamizzazione ad esssere fondamentale per l’estrinsecazione delle proprietà  delle sostanze da cui derivano i rimedi.

Il team di ricerca ha indagato come si potesse spiegare l’azione di arsenico   sulle plantule.  Studi di biologia molecolare hanno evidenziato effetti epigenetici sia di arsenico a dose ponderale che di arsenico omeopatico alla 45esima DH sui vegetali trattati, che rende ragione delle variazioni di germinazione e crescita.

In generale, gli effetti epigenetici sono modificazioni chimiche del DNA e regioni circostanti innescate da fattori ambientali, che regolano così lo stato di attivazione funzionale dei geni. Sappiamo oggi che il patrimonio genetico è modulabile da fattori ambientali, concetto del tutto innovativo rispetto alla genetica classica.

Agro-omeopatia su coltivazioni

I risultati ottenuti nei laboratori dell’Università di Bologna hanno incoraggiato la ricerca in campo. Si sono svolti quindi esperimenti in una serra in condizioni controllate e in pieno campo in un’azienda universitaria locale. La ricerca fuori dal laboratorio è più complessa, in quanto entrano in gioco vari fattori naturali non controllabili.

Ci sono stati interessanti risultati su coltivazioni di cavolfiori e di fragole. I rimedi omeopatici utilizzati sono stati  nosodi autoprodotti nei laboratori dell’Università con processo di diluizione-dinamizzazione dei fattori patogeni in atto. I nosodi sono appunto rimedi che hanno come matrice un fattore patogeno;  alcuni di essi fanno parte della farmacopea di omeopatia classica.

Nel caso dei cavolfiori, il rimedio è derivato proprio dal ceppo del fungo del cavolfiore che colpiva la coltivazione. I ricercatori hanno confrontato la coltivazione trattata omeopaticamente con una coltivazione biologica di controllo trattata con rame a 3g/l (dosaggio previsto per agricoltura bio). L’efficacia anti-fungina del trattamento omeopatico è risultata pari al rame, con il vantaggio di preservare il suolo dall’accumulo del metallo. La qualità dei cavolfiori trattati omeopaticamente è risultata superiore in quanto più ricchi di glucosinolati, sostanze nutraceutiche, ovvero sostanze con effetto protettivo sulla salute.

Analoghi risultati ha dato la ricerca sull’efficacia del trattamento agro-omeopatico su una coltivazione di fragole, condotta dal Prof Giovanni Dinelli.

Si è evidenziato che il trattamento omeopatico sulle fragole aumentava in modo significativo il tasso di antiossidanti, aumentando dunque il valore salutare dei frutti.

L’attività di ricerca dell’Università di Bologna ha dato risultati stimolanti sul piano scientifico. Ma non solo, i risultati hanno incoraggiato esperienze di agro-omeopatia in varie aziende biologiche che sembrano promettere ulteriori sviluppi.

 

 

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