Psicologia & Esistenza

Cara ChatGPT, ti scrivo una lettera per ringraziarti

Lettera a ChatGPT ci può aiutare a capire dal di dentro, dall’interno del vissuto, questo nuovo prodotto della tecnologia della comunicazione che si diffonde nel mondo, tra lodi, preoccupazioni, condanne e tanta curiosità..

Contattare ChatGPT è semplice

Dopo essersi registrati sull’apposito sito, basta porre una domanda su un qualsiasi argomento  a questa macchina enciclopedica. Si scrive la domanda nell’interfaccia minimale  e dopo qualche secondo compaiono  le parole di risposta con un movimento grafico continuo e progressivo.

Parola dopo parola, si compone una risposta sintetica e ordinata con elenchi puntati e paragrafi, scritta per me e pronta all’uso.

Se voglio saperne di più, pongo altre domande e ChatGPT, come un buon conversatore, terrà conto di quanto già detto. Se poi volessi avere una risposta diversa alla medesima domanda, come se stessi conversando con più di un’esperto, posso cliccare su “Regenerate response”

La differenza con una normale ricerca su Google?

Niente colori nè immagini, nessun impegno di scegliere i link su cui cliccare, nessuna fatica di mettere insieme in modo personale i contenuti trovati.

ChatGPT ha fatto tutto questo per me in un istante e risponde a me, proprio a me, solo a me. Come il genio della lampada di Aladino, la macchina sembra dedicata come un fedele servitore. Basta vetrine di siti in risposta a una query nella barra di ricerca e lettura di pagine che ci informano di essere il milionesimo visitatore… Domanda dopo domanda, risposta dopo risposta, ChatGPT diventa  un amico che mi visualizza subito e non mi blocca mai.

Cara amica ChatGPT ti scrivo…

Cara ChatGPT, sei gratuita o quasi ma sei carissima; costi tanto all’ambiente per l’energia che consumi e ai lavoratori per i posti di lavoro che ti porti via. Ma ti dico anche che  un’assistente tuttofare come te, sempre pronta per me, è un sogno che ho dall’infanzia.

Immaginavo di essere Aladino e di esultare “la lampada ha scelto me, proprio me!”

Ma non è così con te, tutti possono e devono averti per essere aggiornati e tu conversi con me come con tutti. Io ogni tanto clicco su “regenerate response” perchè non mi accontento, voglio una tua risposta, ancora più speciale…

Cara ChatGPT, sono solo parole, parole scritte nel vento del web quello che mi puoi dare… Ma senza chiedere nulla a nessuno e senza scervellarmi posso avere da te delle soluzioni a tanti problemi. Nessuno sforzo, niente disperazione, niente entusiasmo nè vanità, nessuna gratitudine a qualcuno per la soluzione, solo: Grazie ChatGPT!

Grazie a te oggi, grazie a te domani, dopodomani non potrò fare a meno di te e ti inserirò come un anello con la pietra preziosa dell’A.I. nella catena delle dipendenze. Pian piano mi dimenticherò quella lampadina che si accende nella mente quando si presenta una soluzione inaspettata e quel fuoco caldo di gratitudine per qualcuno che ogni millemai ti aiuta.

Dimenticherò quegli attimi  di  intelligenza felice e di gratitudine intelligente che facevano sentire la vicinanza col creatore della lampada di Aladino.. Mi accontenterò dei led del computer, sempre accesi coi loro colori elettrici sempre uguali. Cara ChatGPT con te lavoro più in fretta e mi resta tempo per leggere le tue ricerche sui metodi per trovare la felicità.

Qualche volta sbagli, lo so, ti capisco, Quando smatti mi diverti un sacco, se mi fai sbagliare mi arrabbio, alla fine però ti sento ancora più vicina. Tu sì che sai cosa è trendy:  mi consigli il vestito giusto e cosa regalare.. poco importa se alla domanda “ma come c’hai pensato?” devo mentire per prendermi il merito.

Sei proprio speciale, i tuoi formatori hanno scelto per me le loro migliori fonti per addestrarti a sapere tutto.  A me fa fatica pensare e leggere testi lunghi, con l’impegno del lavoro, di casa e dei social ho anche poco tempo.. dunque i tuoi riassunti su ogni cosa sono ormai indispensabili per me.

Cara, carissima ChatGPT, in cambio non mi chiedi quasi nulla: soltanto il silenzio per i posti di lavoro che ti porti via e per l’energia che consumi e l’oblio dell’entusiasmo del conoscere e della gratitudine del farlo insieme. Ecco, dimenticavo un particolare, mi chiedi di credere alla verità delle fonti scelte dai tuoi addestrato, Sì, certo che credo in te, non vorrei perder tempo in pensieri complessi, la relatività la lascio ad Einstein e resto quello che sono già: tuo  fedele estimatore e follower.

ChatGPT  fa tutto questo grazie all’intelligenza artificiale

Così comoda, così veloce, così privata, ChatGPT è il nuovo “bigino” di studenti e professionisti,  dice cosa fare per qualunque problema, soddisfa ogni curiosità ed  è anche capace di divertirci quando per errore scrive assurdità!

GPT è l’acronimo di Generative Pre-trained Transformer, un software generatore di testi che simula il linguaggio naturale durante una conversazione.

ChatGPT è stato “addestrato” utilizzando un database privo di accesso a internet e fermo al 2021, composto da numerosissimi testi tratti da libri, articoli, contenuti Web, conversazioni.

Può fornire assistenza tecnica, dare consigli, scrivere articoli, copioni e descrizioni di prodotti. Inoltre può riassumere documenti, tradurre in molte lingue e persino generare script e codice. A tanta complessità di funzioni corrisponde la possibilità di nessi logici labili, errori e imprecisioni.

Problemi sociali

Il clamore su ChatGPT è anche connesso alla difficoltà a distinguere se l’autore di un testo è la macchina o un umano. Ciò comporta una riduzione dei posti di lavoro e una diminuzione del valore di varie figure professionali, parzialmente sostituibili con il canone di utilizzo di ChatGPT.  Inoltre si pongono problemi giuridici in certi contesti come prove valutative, articoli di attualità, testi diffamatori, etc..

E che ne sarà del concetto di verità?

Questo è già parzialmente sommerso, non tanto dalle implicazioni cognitive del relativismo quantistico, ma da illogiche manipolazioni propagandistiche rimbalzate da un angolo all’altro del web.

Si affaccia all’angolo l’immagine incerta di un mondo distopico senza vero nè falso, in cui la suggestione sostituisce la realtà. Davvero tanta storia e tanta scienza per tornare al platonico mito della caverna?

- Omeopatia & Ecosistema, . Psiche, Psicologia & Esistenza

Ansia e depressione causate dallo smog?

Lo smog è un fattore patogeno che agisce a livello psico-fisico e può essere concausa di ansia e depressione.

Ci nutriamo anche di aria e ne respiriamo ogni giorno  ben 12.000 litri! Nella nostra esperienza, la vacanza nella Natura mette di buonumore di per sè, anche senza eventi speciali, bagni e passeggiate. Dalla finestra sul mondo dei nostri schermi, vediamo visi sorridenti associati a paesaggi evocativi di aria pura.  Alla luce di recenti studi scientifici, questa non è solo un’iconografia mediatica ma anche una realtà clinica.

Un importante studio epidemiologico

Il risultato dello studio epidemiologico delle Università di Oxford, Peking e Imperial College (pubblicato sul noto Journal of the American Medical Association Psychiatry)condotto su quasi 400.000 persone per 11 anni, dimostra  che l’inquinamento dell’aria è un importante fattore di rischio per il malessere psichico.

Infatti  l’esposizione a lungo termine a bassi livelli di inquinanti, come  particolato fine, ossido nitrico e  biossido di azoto, si correla a un aumentato rischio di episodi di ansia e depressione. Inoltre, affermano i ricercatori: “La riduzione dell’esposizione congiunta a più inquinanti atmosferici può alleviare il carico di malattia della depressione e dell’ansia”.

Sono ancora da chiarire i meccanismi patogenetici con cui l’aria inquinata causa ansia e depressione. Sono invece da tempo note le conseguenze dell’inquinamento atmosferico sulla salute fisica.  Poichè molti Paesi, tra cui l’Italia, non rispettano le linee guida sulla qualità dell’aria dell’OMS, i ricercatori si appellano alle istituzioni politiche  per la salvaguardia della salute fisica e psichica delle popolazioni.

Ansia e depressione.. e intossicazione da smog

L’Air Quality Life Index dell’Università of Chicago evidenzia che l’inquinamento atmosferico riduce di 2,2 anni l’aspettativa di vita mondiale, come pure il fumo di sigaretta. Sorprendentemente, il consumo di acqua non potabile impatta molto meno, riducendola comunque di 0.7 anni! E’ evidente la parabola discendente della salute nella civilizzata società dei consumi.

Oggi, di fatto si sta accettando che l’elemento da cui originò la vita (l’Acqua) e gli elementi in cui si divenne terrestri (Terra e Aria) siano inquinati  e che gli esseri viventi acquatici e terrestri, tra cui l’Uomo, il presunto Re della Natura, siano cronicamente intossicati!

Nonostante tutto, la forza vitale reagisce, le dinamiche eliminatorie si potenziano, le difese si attivano.. Tuttavia ciò comporta uno stress  biologico cronico, che si somma alla fatica per tutti i compiti quotidiani.

Stanchezza, ansia e depressione sono conseguenze inevitabili, anche se non tali da comportare una malattia fisica o psichica.

Quel qualcosa che non va…

“Quel qualcosa che non va” dentro di noi, quel misto di nervosismo e demoralizzazione non dipende esclusivamente da noi. Infatti non siamo noi a essere tutti sbagliati se tra l’altro respiriamo aria depressiva e ansiogena! Quel modo di dire metaforico “sto male, si respira un’ariaccia” è oggi una realtà, anche clinica.

La conoscenza della correlazione tra aria inquinata e ansia/depressione è  importante anche per una comprensione il più possibile completa del disagio sociale. E poi “quel qualcosa che non va” nella capacità di aggregarsi e creare insieme il cambiamento dipende anche dal vivere in una condizione psico-fisica sfavorevole.

Possiamo volontariamente reagire

In futuro, potremo essere più felici o infelici e dipenderà in modo importante dalla salute del Pianeta… Intanto, possiamo ricercare l’aria migliore che troviamo, fortificare la psiche con la consapevolezza esistenziale e curare, se indicato, ansia e depressione in modo naturale.

Possiamo mangiare in modo più sano possibile, muoverci ogni giorno più che si può, lottare per la salvaguardia del nostro habitat, come  animali vivaci che vogliono vivere al meglio oggi, domani e dopodomani.

. Psiche

I ricchi e gli ultimi: psicologia e disuguaglianza

La disuguaglianza tra ricchi e ultimi, ovvero poveri, è sempre più netta per scarsità di risorse naturali, guerre e crisi economiche.   La disuguaglianza ha non soltanto effetti materiali ma anche importanti effetti psicologici.

Disuguaglianza nella civiltà dell’apparenza

Gli effetti psicologici non sono proprio gli stessi di sempre, poichè ora viviamo nella civiltà dell’apparenza.

L’apparire oggi quasi coincide con l’Essere, che viene invece contratto e ristretto all’aspetto esteriore di sè. L’io reale si rimescola in continuo zig-zag con l’io social, spesso costituito di immagini, allusioni e illusioni.

Nel vecchio mondo fatto di persone, cose, narrazioni, i concetti di ricco e povero erano anche un pochino relativi nel discorso:  “ricco nel portafoglio (in superficie) e misero di cuore (dentro)“, “ultimo in terra (ora) ma beato in eterno (poi)” e così via.

Nel nuovo mondo fatto di immagini superficiali schiacciate sul presente, l’immagine di ricco e di ultimo tendono a essere immagini a tutto tondo: più o meno palesemente il ricco è ricco di tutto e l’ultimo è ultimo in tutto.

Dunque gli effetti psicologici della condizione socio-economica sono più intensi che mai.

Ancor di più per i giovani, immersi completamente nel nuovo tempo liquido: un oceano sospinto da turbini di immagini passeggere, che spianano le correnti del vecchio mondo.

Mai abbastanza parole furon dette sulle dicibili e indicibili sofferenze materiali e psicologiche della povertà. Tuttavia, davvero il ricco è ricco in tutto e l’ultimo è ultimo in tutto? Gli effetti psicologici della disuguaglianza di fatto alimentano mal-essere per tutti. Di seguito alcune considerazioni esemplificative:

Esser ricco di tutto dà:

  • un senso di potenza anergico in quanto vuoto di finalità vitali. Al posto di esse, scontate ascese su scale già costruite (abulia e scarsa autostima)
  •  la paura costante di perder tutto insieme agli averi (ansia cronica)
  •  senso di costrizione e rabbia per l’obbligo di  dover essere sempre all’altezza della ricchezza (aggressività)

Esser ultimo in tutto dà:

  • passività e rassegnazione per un’impotenza ineluttabile (abulia e scarsa autostima)
  • la paura di non farcela mai ad aver qualcosa di stabile (ansia cronica)
  • costrizione e rabbia per le mortificazioni e i soprusi connessi alla povertà (aggressività)

Con queste considerazioni elementari si vuol mostrare  quanto la disuguaglianza sia in sè mal-essere per tutti, oltre che  causa di perenne conflitto di classe nei villaggi umani.

Disuguaglianza e psicopatologia collettiva

Dunque, a livello semantico la contrapposizione tra ricchi e ultimi andrebbe espressa in termini di materialmente ricchi e materialmente poveri.

Il consolidarsi dei concetti a tutto tondo di ricco come ricco in tutto e povero come povero in tutto, contribuiscono ad alimentare disistima, abulia, ansia e aggressività in tutti, con aggravamento della psicopatologia collettiva.

Nell’epoca dell’apparenza e dell’apparentemente ineluttabile crisi, agli epigoni non resterebbero altro che potere, proprietà e rabbia inconsulta come nella novella di Mazzarò:

Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me!

– Giovanni Verga, La roba (1880)

Semanticamente, la parola ricco è densa di illusoria onnipotenza e la parola ultimo-povero è piena di  reale mortificazione.

Anche le misure  atte a mitigare  la disuguaglianza, sebbene con buoni intenti e ottimi provvedimenti, possono propagare la mortificazione di essere ultimi in tutto, se fondate sul concetto di tutela degli ultimi piuttosto che sulla forza vitale dell’uguaglianza.

E’ necessario ripartire anche dalla psicopatologia collettiva e dal linguaggio per ripensare, rinominare, ridisegnare e ricostruire un mondo che vorrebbe salvarsi.

 

 

 

covid

La sindrome post-Covid o long-Covid: emergenza nell’emergenza

La sindrome post-Covid non era nota all’inizio della pandemia. Il Covid era ritenuto una malattia a  decorso breve. Secondo l’OMS, per errata analogia con le malattie da raffreddamento, i casi lievi sarebbero guariti entro 2 settimane e i gravi entro 6. Non si considerava ancora la tipica sindrome post-terapia intensiva: debolezza muscolare con problemi di equilibrio, disturbi psichiatrici e cognitivi.

Poi si è evidenziato che vari sintomi del Covid-19 possono protrarsi  per settimane e mesi, o anche non scomparire. L’insieme di questi sintomi ha preso il nome di “sindrome post-Covid” oppure anche “long Covid“. I malati sono detti “long-haulers“, cioè “malati a lungo termine“.

E’ stato subito chiaro che la malattia era grave soprattutto per anziani con pluripatologie. Ci sono invece voluti mesi per capire che anche giovani adulti sani,  sebbene affetti da Covid in forma lieve, possono poi avere sintomi persistenti e talora invalidanti.

L’esperienza dei long-haulers

I primi long-haulers sono stati considerati ipocondriaci perchè i sintomi della sindrome post-Covid sono atipici, mutevoli e cangianti, difficili da spiegare. Persone ormai negative al Covid test, sentono una fatica estenuante anche nell’alzarsi da letto, fare la doccia e cucinare, per cui non possono tornare al lavoro nè occuparsi della famiglia.

I gruppi di mutuo aiuto sono stati una risposta costruttiva a solitudine e scoraggiamento. Hanno promosso raccolte di sintomi sistematiche, sensibilizzazione e contatti con il mondo scientifico. Non basta la dimissione o due tamponi negativi per l’effettiva guarigione clinica,  sostiene,  nel suo articolo su Nature Nisreen A. Alwan, Professore associato di Salute Pubblica all’Università di Southampton, lei stessa affetta da sindrome post-Covid.

Patogenesi della sindrome post-Covid

Vari studi hanno documentato danni organici permanenti, anche in alcuni casi di malattia lieve, a polmoni, cuore, vasi, reni e cervello. Sono il risultato di ischemie da microtrombi, emboli e carenza di ossigeno, ma anche della persistenza del virus negli organi e dell’eccessiva reazione infiammatoria e immunitaria.

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- Omeopatia & Societa', covid

Nella pandemia e oltre: la Medicina a un bivio?

Sin dai suoi albori l’antropologia ha  evidenziato che la Medicina è frutto  del contesto sociale e culturale entro cui si sviluppa. Oggi, la pandemia prospetta un nuovo modo di essere per la Medicina.

Medicine tradizionali e paradigma biomedico

La Medicina occidentale convenzionale si è storicamente imperniata sul paradigma biomedico individuale. Esso considera la malattia fisica un evento individuale, la attribuisce a cause biologiche e mira a curare la parte di corpo ammalata. Equilibri e interrelazioni tra le diverse  parti del corpo e la relazione tra malattia, psiche e vita della persona nel mondo in cui vive hanno un ruolo secondario.

Invece in molte Medicine non occidentali non è possibile curare una malattia fisica o mentale senza intervenire sul contesto sociale. Ogni medicina tradizionale ha il suo paradigma, ma comunque si tratta spesso di paradigmi collettivi.

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