Per ricevere risposta a questa domanda bisogna entrare nella dimensione omeopatica, che è una disciplina medica caratterizzata da un patrimonio conoscitivo vasto, logica propria e regole proprie.
Per fare un paragone è come dire: a cosa serve una particella subatomica? Si può rispondere e si deve rispondere, perchè la conoscenza è poca cosa se non è di tutti, ma in quanto ad utilizzo, ad ognuno il suo mestiere. Spesso si crede che le proprietà curative di un medicinale omeopatico siano irrazionali e incomprensibili, e che per la cura conti molto l’intuito e l’esperienza personale del medico: credenza questa del tutto irrazionale! Le proprietà curative dei medicinali omeopatici sono conoscibili attraverso i proving, cioè la sperimentazione pura su persone in salute. Le conoscenze derivanti dai proving svolti da Hahnemann e da illustri Autori successivi sono consultabili in forma di Repertori e Materie Mediche, ma sono utilizzabili a fini curativi solo attraverso l’Analisi del Caso. E’ necessario che conoscenze mediche e dottrina omeopatica si fondano nel crogiolo dell’Analisi del Caso: solo così la cura è personalizzata col medicinale unitario più adatto, il simillimum.
L’intuito e l’esperienza del medico sono importanti, ma sono poca cosa se non si associano al lavoro clinico che utilizza l’immenso tesoro contenuto nei Repertori e nelle Materie Mediche. Lo stesso Kent, principale seguace di Hahnemann, disse di fare uno sforzo di volontà dinanzi ad ogni caso nuovo per non pensare al medicinale curativo se non dopo aver valutato l’intero caso.
Che dire quindi di pubblicazioni divulgative che raccontano in una paginetta o poco più il profilo di un medicinale omeopatico? Posssono avere una loro utilità nel comunicare l’idea che lo stesso medicinale agisce sulla mente e sul corpo e in diversi organi e apparati, ma in quanto all’utilizzo di questi manuali per curarsi è come “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare”!