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Nuove evidenze per l’omeopatia: non è un placebo

globul2Due recenti lavori scientifici dimostrano che lo “studio ” pubblicato su Lancet nel 2005, titolato “La fine dell’omeopatia”, non ha fondamento scientifico!!

Lo studio concludeva che l’efficacia dei farmaci omeopatici sarebbe uguale a quella del placebo, cioè un falso farmaco, una sostanza inerte priva di effetti terapeutici, assunta con la fiducia che si ripone in una medicina.

L’editoriale di Lancet ebbe subito una straordinaria diffusione mondiale attraverso i media e, nonostante siano passati tre anni, continua a circolare e ricircolare in blog e forum.

George Lewith, Prof. di Ricerca Sanitaria all’Università di Southampton così commenta il metodo dello ”studio” riportato da Lancet: “Questa non è la pratica scientifica corrente” e dice delle conclusioni: “Esse NON sono attendibili”.

Queste smentite si aggiungono ad altre autorevoli voci del mondo scientifico.

In Italia il Prof. Bellavite, docente di Patologia Generale all’Università di Verona (giàmembro della Commissione Ministeriale dei medicinali omeopatici) evidendenziò ben presto la scarsa scientificità dello “studio” reclamizzato dall’autorevole Lancet.

Ecco in sunto la ricostruzione di questo “scandalo scientifico”:

Lo “studio“ fu pubblicato su Lancet privo di vari dati fondamentali per uno studio che si diceva “scientifico e sperimentale”, cioè trasparente e riproducibile. A seguito dello scalpore per l’oscurità dello “studio” pubblicato sulla prestigiosa rivista, gli autori fornirono i dati che consentirono agli autori dei due recenti lavori scientifici di ricostruirlo e contestarne la validità.

Il grandioso obiettivo dello “studio” era di mettere a confronto l’efficacia delle cure omeopatiche con l’efficacia dellechap terapie convenzionali.Furono raccolti ben 110 studi clinici omeopaticied estratti a sorte altrettanti studi clinici convenzionali sulle stesse patologie(prevalentemente infezioni respiratorie, allergie e asma, malattie artroreumatiche, patologie in campo ostetrico-ginecologico, gastroenterologico, neurologico, chirurgico e anestesiologico).

Tutti gli studi omeopatici e convenzionali erano randomizzati e controllati in conformità all’attuale metodo scientifico per gli studi clinici.

La situazione di studio randomizzato controllato è quella in cui i pazienti sanno di partecipare a uno studio, ma non sanno se il farmaco che viene loro prescritto sia un placebo o un farmaco vero (studio in cieco). L’assegnazione al gruppo placebo o al gruppo farmaco avviene sulla base di un criterio casuale (random) e lo stesso medico può non sapere a quale gruppo appartiene il paziente (studio in doppio cieco). Si confronta poi a distanza di tempo la situazione clinica dei pazienti che hanno assunto il placebo e di quelli che hanno assunto il farmaco vero e si analizzano i dati con metodo statistico. Si stabilisce così se un farmaco funziona come placebo o se ha reali proprietà curative, oltre all’effetto placebo, che c’è sempre per qualsiasi tipo di terapia e produce un miglioramento solitamente transitorio.

Quindi lo studio randomizzato controllato è una situazione artificiale di sperimentazione clinica non sempre eticamente praticabile, che ha tuttavia la sua indiscutibile utilità scientifica.

La grande maggioranza degli studi randomizzati controllati sia omeopatici che convenzionali riportavano effetti terapeutici migliori col farmaco vero che col placebo.

Tra i 110 studi omeopatici raccolti soltanto 18% erano studi di omeopatia classica unicista hahnemaniana, in tutti gli altri studi il veniva prescritto lo stesso farmaco omeopatico per una determinata patologia e non secondo i criteri della medicina omeopatica.

La cura omeopatica classica è per sua natura individualizzata e Hahnemann fondò la medicina omeopatica sul principio di similitudine, separandosi da orientamenti, già allora emergenti, che prevedevano terapie omeopatiche standard per tutti gli ammalati di una certa malattia.

Dunque dopo due secoli, uno studio scientifico del terzo millennio riuscì a mettere insieme discipline mediche che usano sì farmaci omeopatici, ma con criteri del tutto diversi!!!!

Come se il criterio d’uso non avesse importanza per i risultati…un modo di ragionare non scientifico, anzi scriteriato. Solo il 18% degli studi omeopatici appartenevano all’omeopatia unicista, poiché il basso costo dei farmaci unitaristi non incentiva nessuno a finanziare studi di omeopatia unicista e gli studi esistenti sono per lo più autofinanziati dagli stessi medici omeopati.

Tra i 220 studi omeopatici e convenzionali raccolti, gli autori dello “studio” di Lancet selezionarono gli studi di alta qualità secondo criteri oscurimai pubblicati.

Solo 21 studi omeopatici (19%) e 9 studi di medicina convenzionale (8%) furono giudicati di “alta qualità” !!

Evidentemente la pretesa scientificità dell’efficacia dei farmaci convenzionali poggia sulle sabbie mobili, eppure l’omeopatia viene chiamata a confrontarsi proprio su quelle sabbie mobili. In uno studio randomizzato controllato l’omeopatia, radicata nel solido terreno del proprio metodo, gioca fuori casa, anzi fuori orbita, e comunque riesce a giocare meglio della medicina convenzionale!!!!!

Furono selezionati poi tra gli studi di “alta” qualità quelli effettuati sul maggior numero di partecipanti e questo è discutibileperchè studio più grande non vuol dire necessariamente studio più vero, ma quasi sicuramente interessi e fondi di ricerca più grossi.

due+dueI recenti lavori scientifici che ricostruirono lo “studio” di Lancet presero invece in considerazione tutti gli studi omeopatici ritenuti di “alta qualità”, indipendentemente dal numero dei partecipanti, trattandoli in conformità ai criteri dell’analisi statistica per questo tipo di studi, e i risultati dimostrano che l’omeopatia è efficace.

Ma a seguito della discutibile selezione restavano solo 8 studi per l’omeopatia e 6 studi per la medicina convenzionale. Dopo aver escluso ben 206 studi il grandioso progetto fu perseguito analizzando con metodo statistico un piccolo numero di studi: i 14 rimanenti che riguardavano patologie diverse. La selezione degli studi aveva eliminato il ragionevole accoppiamento iniziale tra uno studio omeopatico per una certa patologia e uno studio convenzionale per la stessa patologia.

Non c’è bisogno di una mente statistica, ma solo di un cervello pensante “connesso”, per capire che l’analisi statistica applicata a dati disomogenei possa dare solo risultati che non significano niente: il confronto tra omeopatia e medicina convenzionale è privo di significato.

Lo “studio scientifico” di Lancet fece di tutte le diverse discipline omeopatiche un fascio e di tutte le malattie un altro fascio... uno “studio troppo “scientifico “ per distinguere ciò che per natura e secondo scienza ha una sua identità e merita come tale di essere studiato e valutato.

Altro fatto clamoroso è che tra gli 8 studi di omeopatia analizzati,lo studio che maggiormente influenzò i risultati sfavorevoli per l’omeopatia fu l’inefficacia della terapia omeopatica con Arnica per il dolore muscolare post-esercizio nei corridori dei 400 mt. Se si esclude questo studio, i risultati dell’ analisi statistica cambiano e risulta dimostrato che i farmaci omeopatici, al pari di quelli convenzionali, hanno efficacia clinica superiore al placebo statisticamente significativa.Lo “ studio scientifico” di Lancet non considera neanche che il dolore muscolare post-esercizio non è una malattia naturale, ma la normale risposta di un organismo vivente, finalizzata a limitare uno sforzo fisico eccessivo, a fermare la macchina muscolare al servizio dello sport e del fitness.

Esaminando singolarmente gli 8 studi omeopatici selezionati è evidente la dimostrazione che l’omeopatia è efficace in alcune patologie e non in altre, quindi non può essere un placebo!

Questo limitato numero di studi dimostra comunque che l’omeopatia è efficace per allergie, infezioni del tratto respiratorio superiore e influenza.

Inoltre nello “studio” reclamizzato da Lancet non viene per nulla considerato che l’azione terapeutica dei farmaci omeopatici è diversa da quella dei farmaci convenzionali.

Il farmaco convenzionale agisce su un sintomo, mentre il medicinale omeopatico agisce sul sintomo insieme a tutto ciò che l’accompagna. Quindi se un dolore diminuisce con il farmaco convenzionale del 70% e con la medicina omeopatica del 50%, ma nel mentre torna il desiderio di muoversi, il dolore risulta sopportabile e scompare l’altro fastidioso disturbo che si accompagnava al dolore, qual’è la terapia più efficace? Quella omeopatica o quella convenzionale?

Il famigerato “studio” di revisione di studi in doppio cieco non intravedeva neanche l’illuminata visione del rapporto tra benefici terapeutici, effetti collaterali e costi.

Come se effetti collaterali e benefici terapeutici fossero cose separate nell’organismo vivente e invece sono sollievo e bastonata alla stessa persona nello stesso momento!

In conclusione, dallo studio di Lancet l’omeopatia esce come Ulisse dalla caverna del gigante cieco: nei fatti un numero di studi metodologicamente seri superiore alla medicina convenzionale e nuove evidenze di efficacia.

Le grossolane scorrettezze metodologiche e l’esasperazione del titolo di Lancet “La fine dell’omeopatia”, risuonano ancor più di pregiudizio e debolezza nei confronti della sempre più solida realtà della medicina omeopatica.

La propaganda mediatica mantiene nella hitparade delle notizie del web l’editoriale di Lancet, vecchio di 3 anni, ma sempre giovane e new, tonificato dal sonno della ragione e dalla disinformazione.


Se vuoi dare un contributo al diritto di informazione segnala questo post ovunque si trovi il reclamizzato articolo di Lancet!


Per leggere il
Press Release originale “New evidence for Homeopathy” emesso dall’ECH e dalla LMHI per i media di tutto il mondo clicca qui


E
sistono validi studi scientifici sull’efficacia clinica dell’omeopatia effettuati con modalità diverse da quella dello studio randomizzato controllato, che è solo uno dei vari tipi di studio clinico sperimentale.

Non dimentichiamo che l’omeopatia è per sua natura disciplina medica fondata sul metodo scientifico sperimentale, che per Hahnemann era tutt’uno con l’etica medica.


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