La sindrome post-Covid non era nota all’inizio della pandemia. Il Covid era ritenuto una malattia a decorso breve. Secondo l’OMS, per errata analogia con le malattie da raffreddamento, i casi lievi sarebbero guariti entro 2 settimane e i gravi entro 6. Non si considerava ancora la tipica sindrome post-terapia intensiva: debolezza muscolare con problemi di equilibrio, disturbi psichiatrici e cognitivi.
Poi si è evidenziato che vari sintomi del Covid-19 possono protrarsi per settimane e mesi, o anche non scomparire. L’insieme di questi sintomi ha preso il nome di “sindrome post-Covid” oppure anche “long Covid“. I malati sono detti “long-haulers“, cioè “malati a lungo termine“.
E’ stato subito chiaro che la malattia era grave soprattutto per anziani con pluripatologie. Ci sono invece voluti mesi per capire che anche giovani adulti sani, sebbene affetti da Covid in forma lieve, possono poi avere sintomi persistenti e talora invalidanti.
L’esperienza dei long-haulers
I primi long-haulers sono stati considerati ipocondriaci perchè i sintomi della sindrome post-Covid sono atipici, mutevoli e cangianti, difficili da spiegare. Persone ormai negative al Covid test, sentono una fatica estenuante anche nell’alzarsi da letto, fare la doccia e cucinare, per cui non possono tornare al lavoro nè occuparsi della famiglia.
I gruppi di mutuo aiuto sono stati una risposta costruttiva a solitudine e scoraggiamento. Hanno promosso raccolte di sintomi sistematiche, sensibilizzazione e contatti con il mondo scientifico. Non basta la dimissione o due tamponi negativi per l’effettiva guarigione clinica, sostiene, nel suo articolo su Nature Nisreen A. Alwan, Professore associato di Salute Pubblica all’Università di Southampton, lei stessa affetta da sindrome post-Covid.
Patogenesi della sindrome post-Covid
Vari studi hanno documentato danni organici permanenti, anche in alcuni casi di malattia lieve, a polmoni, cuore, vasi, reni e cervello. Sono il risultato di ischemie da microtrombi, emboli e carenza di ossigeno, ma anche della persistenza del virus negli organi e dell’eccessiva reazione infiammatoria e immunitaria.
La sindrome post-Covid presenta analogie con la “sindrome da fatica cronica” detta anche encefalomielite mialgica (depressione, insonnia, dolori muscolari, grave affaticamento con incapacità a lavorare), che può seguire malattie virali come SARS, mononucleosi e influenza. Anche la sindrome da fatica cronica sembrava essere una condizione psichiatrica, ma poi si è evidenziata una patogenesi organica.
Quanto è frequente la sindrome post-Covid?
Ancora non si hanno abbastanza dati per valutare chi è più a rischio di long-Covid, quanto è frequente, quanto dura e come si può curare e prevenire. Di seguito una sintesi di alcuni studi:
Lo studio italiano dell’Università di Roma su 143 ricoverati (età media 57 anni) ha evidenziato che a 2 mesi in media dall’insorgenza della malattia quasi il 90% era ancora sintomatico. Più del 50% aveva affaticamento, il 43% difficoltà respiratorie, il 27% dolori articolari e il 22% dolori toracici.
Lo studio statunitense del CDC, condotto con indagine telefonica su 274 non ricoverati, positivi al tampone molecolare, ha evidenziato che dopo 20 giorni circa il 30% era ancora sintomatico, di cui il 20% giovani sani (18-34 anni). I sintomi più frequenti erano affaticamento (71%), tosse (61%) e cefalea (61%).
Una ricerca condotta con sondaggio online è stata promossa dai “long-haulers” del Body Politic COVID-19 Support Group. Hanno risposto da USA e UK in 640, per lo più non ricoverati (visitati in Pronto soccorso/guardia medica e se ricoverati senza ventilazione meccanica). Il 25% era positivo al test RT-PCR, il 50% ne era privo perchè riservato agli ospedalizzati e il 25% era negativo (possibili falsi negativi e test eseguiti tardi). Dopo un mese solo il 10% dei 640 intervistati si era ripreso. Per il 90% la durata media di malattia è stata di 40 giorni. Soltanto 1 su 5 riferiva recupero completo al 50° giorno.
Il campione di questa ricerca non è omogeneo e quindi è stata concordato con CDC e OMS un ulteriore sondaggio online. Infatti, esperti di computer, donne, giovani e benestanti sono più propensi ai sondaggi online, rispetto a poveri, senzatetto e migranti senza documenti.
Covid: dall’acuto al cronico
La sindrome post-Covid cambia non solo il profilo di gestione sanitaria, ma anche la stessa definizione clinica del Covid. Infatti, oltre a essere malattia pandemica acuta, è una malattia sub-cronica /cronica che indebolisce la salute di molte persone in tutto il mondo.
La malattia acuta è, per definizione, una malattia che si conclude con la morte o la guarigione entro 2 settimane. Si caratterizza per reazioni di difesa rapide e intense. Gli agenti causali di una malattia acuta sono tali, per qualità e quantità, da non poter essere sostenibili per la vita del malato, che si difende e guarisce o, se non ci riesce, soccombe.
Al contrario, la malattia cronica è data da agenti causali che sono tollerabili per la continuazione della vita. Si caratterizza per reazioni di difesa che sono sufficienti a non soccombere e insufficienti a guarire. Il malato è cronicamente affetto e indebolito dalla malattia, non guarito.
Gli agenti patogeni di malattie acute e croniche possono essere infettivi come il coronavirus, fisici come clima, microclima e affollamento e chimici come gli inquinanti.
La complessità del Covid
Tutto è complesso nel Covid, a partire dalle cause. Infatti la contagiosità e la gravità del Covid hanno varie cause:
- infettive come virulenza del ceppo di coronavirus SARS-CoV-2 e carica virale
- fisiche come freddo umido e affollamento
- chimiche come inquinanti di aria e cibo che possono favorire sia ipo e iper-reazione immunitaria e infiammatoria sia, come il particolato atmosferico, veicolare il virus
- individuali come modalità di reazione propria della persona
L’eziologia del Covid è complessa, poichè la nocività del virus si intreccia con la nocività di inquinamento, mutazioni climatiche e affollamento. Anche la clinica è complessa: i sintomi acuti sono polimorfi e fluttuanti per tipo e intensità. I sintomi post-Covid sono cangianti e non facili da capire. La prognosi di malattia è molto variabile: dai moltissimi asintomatici alla gravità estrema e ai postumi invalidanti.
Una malattia così complessa si diffonde rapida in tutto il mondo anche grazie a inquinamento, mutazioni climatiche, affollamento e alimentazione non sana, senza i quali il coronavirus sarebbe tutt’altra storia…
Se non lavoreremo a ridurre l’inquinamento, a migliorare il clima, l’alimentazione e gli spazi del vivere insieme non cambierà quasi nulla per lo stato della salute collettiva, anche se scomparisse il Covid-19!
L’emergenza nell’emergenza
Oggi la sindrome post-Covid rappresenta un’importante sfida di ricerca e gestione clinica. Nel corso dei mesi, i media hanno divulgato le vicende dei long-haulers, sempre più medici se ne occupano e alcuni ospedali hanno organizzato percorsi riabilitativi. Tuttavia, in piena emergenza, sono scarsissime le risorse dedicate ai problemi clinici, economici e sociali dei long-haulers, che sono una vera emergenza nell’emergenza.
Anche la salute collettiva (la salute di tutti, anche di chi non ha avuto il Covid) è un’emergenza nell’emergenza. Infatti la Terra e il mondo sociale post-Covid hanno bisogno di cure intensive e percorsi riabilitativi.
I cambiamenti necessari per uscire dall’emergenza sono grandi, ma comunque preferibili alla crisi colossale di cui il Covid è un rivelatore, oltre che una delle tante cause..
Le cose grandi sono fatte di piccole parti, e ognuno può fare la sua.. quantomeno, indipendentemente da tutto, non rinunciare alla tua forza vitale!
L’emergenza non richiede di non fare nulla, nicht con bibite e patatine, per intenderci! E neanche di fare come prima, come se niente fosse..
L’uscita dall’emergenza necessita di volontà di darsi da fare per mondo sostenibile.
L’istinto di sopravvivenza va seguito con naturalezza nelle azioni individuali e collettive.
Con la stessa naturalezza con cui il nostro corpo lavora giorno e notte, con dedizione e senza deroghe, per mantenerci in vita e in salute! Dentro e dopo la crisi si può desiderare e trovare il ben-essere, piuttosto che il cosiddetto benessere (o mal-essere?) di ieri!