Disuguaglianza nella civiltà dell’apparenza
L’apparire oggi quasi coincide con l’Essere, che viene invece contratto e ristretto all’aspetto esteriore di sè. L’io reale si rimescola in continuo zig-zag con l’io social, spesso costituito di immagini, allusioni e illusioni.
Nel vecchio mondo fatto di persone, cose, narrazioni, i concetti di ricco e povero erano anche un pochino relativi nel discorso: “ricco nel portafoglio (in superficie) e misero di cuore (dentro)“, “ultimo in terra (ora) ma beato in eterno (poi)” e così via.
Nel nuovo mondo fatto di immagini superficiali schiacciate sul presente, l’immagine di ricco e di ultimo tendono a essere immagini a tutto tondo: più o meno palesemente il ricco è ricco di tutto e l’ultimo è ultimo in tutto.
Ancor di più per i giovani, immersi completamente nel nuovo tempo liquido: un oceano sospinto da turbini di immagini passeggere, che spianano le correnti del vecchio mondo.
Mai abbastanza parole furon dette sulle dicibili e indicibili sofferenze materiali e psicologiche della povertà. Tuttavia, davvero il ricco è ricco in tutto e l’ultimo è ultimo in tutto? Gli effetti psicologici della disuguaglianza di fatto alimentano mal-essere per tutti. Di seguito alcune considerazioni esemplificative:
Esser ricco di tutto dà:
- un senso di potenza anergico in quanto vuoto di finalità vitali. Al posto di esse, scontate ascese su scale già costruite (abulia e scarsa autostima)
- la paura costante di perder tutto insieme agli averi (ansia cronica)
- senso di costrizione e rabbia per l’obbligo di dover essere sempre all’altezza della ricchezza (aggressività)
Esser ultimo in tutto dà:
- passività e rassegnazione per un’impotenza ineluttabile (abulia e scarsa autostima)
- la paura di non farcela mai ad aver qualcosa di stabile (ansia cronica)
- costrizione e rabbia per le mortificazioni e i soprusi connessi alla povertà (aggressività)
Con queste considerazioni elementari si vuol mostrare quanto la disuguaglianza sia in sè mal-essere per tutti, oltre che causa di perenne conflitto di classe nei villaggi umani.
Disuguaglianza e psicopatologia collettiva
Dunque, a livello semantico la contrapposizione tra ricchi e ultimi andrebbe espressa in termini di materialmente ricchi e materialmente poveri.
Il consolidarsi dei concetti a tutto tondo di ricco come ricco in tutto e povero come povero in tutto, contribuiscono ad alimentare disistima, abulia, ansia e aggressività in tutti, con aggravamento della psicopatologia collettiva.
Nell’epoca dell’apparenza e dell’apparentemente ineluttabile crisi, agli epigoni non resterebbero altro che potere, proprietà e rabbia inconsulta come nella novella di Mazzarò:
Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me!
– Giovanni Verga, La roba (1880)
Semanticamente, la parola ricco è densa di illusoria onnipotenza e la parola ultimo-povero è piena di reale mortificazione.
E’ necessario ripartire anche dalla psicopatologia collettiva e dal linguaggio per ripensare, rinominare, ridisegnare e ricostruire un mondo che vorrebbe salvarsi.