Si riporta di seguito un estratto dell’articolo “Silicon Valley parents are raising their kids tech-free — and it should be a red flag” di Chris Weller, pubblicato su Business Insider. L’articolo è il risultato di un’inchiesta giornalistica sul rapporto tra smartphone ed educazione familiare nell’esperienza di genitori hi-tech della Silicon Valley.
I due bambini di Shahi e Koduri, Saurav (10 anni) e Roshni (12 anni), sono già stati accompagnati a scuola e probabilmente sono assorti in uno dei Google Chromebooks (computer portatile) distribuiti all’inizio dell’anno scolastico.
La vita dei Koduri è quella della tipica famiglia della Silicon Valley, eccetto che per una cosa: la tecnologia sviluppata dai datori di lavoro di Koduri e Shahi è del tutto bandita nella loro casa.
Non ci sono sistemi di videogiochi in casa Koduri e i bambini non hanno ancora nemmeno il loro smartphone personale. Saurav e Roshni possono giocare sui telefoni dei genitori, ma solo per 10 minuti a settimana (non ci sono invece limitazioni a utilizzare la vasta collezione di giochi da tavolo familiari). Un po’ di tempo fa la famiglia ha comprato un iPad 2… che ha trascorso gli ultimi cinque anni sullo scaffale più alto di un armadio.
“Sappiamo che ad un certo punto avranno bisogno dei loro smartphone personali”, dice Koduri, 44 anni, a Business Insider. “Ma stiamo cercando di rimandare il più possibile”.
Buoni o cattivi: la tecnologia da che parte sta?
Koduri e Shahi rappresentano un nuovo tipo di genitori della Silicon Valley. Invece di addobbare le loro case con ogni nuovo prodotto tecnologico, molti dei genitori di oggi, che lavorano o vivono nel mondo della tecnologia, stanno limitando – e a volte addirittura vietando del tutto – il tempo che i loro bambini passano sugli schermi.
Uno studio del 2017, condotto dalla Silicon Valley Community Foundation, ha trovato che tra 907 genitori della Silicon Valley, nonostante l’elevata fiducia nei benefici della tecnologia, molti hanno seri dubbi sull’impatto della tecnologia sullo sviluppo psicologico e sociale dei bambini.
Ex dipendenti delle maggiori aziende tecnologiche, tra cui alcuni dirigenti di alto livello, hanno pubblicamente condannato l’intensa focalizzazione delle aziende nel creare prodotti tecnologici che inducono dipendenza. Il dibattito ha stimolato ulteriori studi nelle comunità di psicologi, e una graduale consapevolezza delle famiglie del fatto che il palmo di un bambino non è il posto giusto per un dispositivo così potente come uno smartphone.
Trasformare i bambini in consumatori fedeli di prodotti dannosi non è esattamente una strategia innovativa. Alcuni studi mostrano che le più grandi compagnie di tabacco spendono circa 9 miliardi di dollari all’anno (24 milioni al giorno) per pubblicizzare i loro prodotti, con l’obiettivo che la nuova generazione li usi per tutta la vita. Lo stesso principio aiuta a capire perchè le catene di fast-food offrono pasti per bambini: la fedeltà al brand è redditizia.
“La differenza con Google è che loro non pensano di essere pericolosi”, dice Koduri e: “Google di sicuro pensa ‘Hey, noi siamo i buoni. Noi stiamo aiutando i bambini, le scuole e sono sicuro che fanno così anche Apple e Microsoft”.
San Francisco, la patria del malessere dello scroll
Erika Boissiere
Molti dei genitori con cui lei e suo marito interlocuiscono raccontano di provare un sentimento anti-tech.
Boissiere farà di tutto per impedire che i suoi bambini, Jack (2 anni) ed Elise (5 anni) abbiano le interazioni ‘basic’ con la tecnologia. Lei e suo marito non hanno una TV in casa ed evitano di usare lo smartphone in presenza dei bambini. Una regola stringente questa, che chiedono di rispettare anche alla babysitter 28enne. La coppia ha trovato una strategia che li aiuta a non sgarrare: quando tornano a casa dal lavoro, mettono gli smartphone vicino alla porta. La maggior parte delle sere controllano lo smartphone una o due volte prima di andare a dormire, ma capita che lei lo guardi più volte. E’capitato più di una volta che i suoi bambini siano entrati nella stanza mentre messaggiava, è corsa quindi a nascondersi nel bagno più vicino.
Educazione low-tech in Silicon Valley: un paradosso?
I genitori della Silicon Valley low-tech e anti-tech potrebbero sembrare troppo cauti, ma in realtà seguono pratiche di lunga data di ex e attuali giganti della tecnologia come Bill Gates, Steve Jobs e Tim Cook.
Nel 2007, Gates, ex CEO di Microsoft, ha implementato un limite allo screen time quando sua figlia ha incominciato a sviluppare un insano attaccamento ai videogiochi. Più tardi diventerà una prassi familiare di casa Gates quella di non permettere ai bambini di avere il proprio smartphone prima dei 14 anni. Oggi il bambino americano medio ottiene il suo primo smartphone a circa 10 anni.
Nel 2011 Jobs, il CEO di Apple, prima della sua morte, ha rivelato in un’intervista al New York Times che lui proibiva ai suoi bambini di usare l’iPad, al tempo appena uscito, “Noi limitiamo la tecnologia che i nostri figli usano a casa”, disse Jobs al reporter Nick Bilton.
Anche Cook, l’attuale CEO di Apple, ha detto a gennaio che lui non accetta che suo nipote si colleghi ai social network. Il commento ha seguito quello di altri luminari della tecnologia, che hanno condannato i social media come detrimento per la società.
Cook in seguito ha riconosciuto che i prodotti Apple non sono pensati per un uso costante. “Non sono una persona che dice che abbiamo raggiunto il successo se voi li usate continuamente” ha detto. “Non lo condivido per niente”.
La buona notizia: se ne può uscire
Un lato positivo del problema è che almeno una parte degli effetti negativi sembra non essere permanente.
Dopo soli cinque giorn
I ricercatori concludevano: “I risultati di questo studio dovrebbero introdurre un sentito dibattito sociale sui costi e benefici dell’enorme quantità di tempo che i ragazzi passano su smartphone e altri schermi, sia in classe che fuori”.
USA, nuove scuole abbracciano la filosofia low-tech
Non tutti i genitori che crescono i loro figli in modo low-tech riescono a mantenere gli stessi standard quando li mandano a scuola. I figli dei Koduri, ad esempio, condividono un Macbook Air per i compiti e usano i Google Chromebook a scuola.
Gli smartphone nella vita in famiglia
Nella parte occidentale della Baia di San Francisco, a San Mateo, l’imprenditrice tecnologica Amy Pressman (cofondatrice e presidente dell’azienda software Medallia) vive con suo marito e i suoi due figli, la quattordicenne Mia e il sedicenne Jacob. Il suo figlio più grande, Brian, ha 20 anni ed è al secondo anno del college.
Come Koduri, che ricorda con nostalgia quando giocava fuori da bambino, adesso Pressman cresce i suoi figli con quell’idea in testa: vorrebbe tornare a un mondo più analogico. “I bambini non vanno fuori a giocare” dice Pressman a Business Insider. “Il mio figlio più grande è stato molto più tempo in compagnia dei suoi coetanei di quanto farà il più piccolo”.
Pressman racconta di aver organizzato una gita di un weekend alla Death Valley (un Parco nazionale in California). La scarsità di porte USB per la ricarica e di Wifi sono state attrattive a favore della scelta della destinazione. “La connettività era qualcosa di abbastanza orribile”, dice Amy. “..E ciò era delizioso.”
Le regole sono dure, ma potrebbero valere la pena
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Molti genitori che hanno parlato a Business Insider hanno detto che la loro migliore difesa dalla dipendenza dalla tecnologia è introdurre delle attività di rimpiazzo o trovare strategie per usare la tecnologia in modo più produttivo.
Questi genitori sperano di riuscire a insegnare ai loro figli come entrare nel mondo adulto, sviluppando un modo sano di usare – e in certi casi, di evitare – la tecnologia. Di tanto in tanto, dicono, si vede un barlume di speranza.
Negli anni in cui la Pressman si è impegnata per sensibilizzare le persone in favore di una riduzione dell’utilizzo della tecnologia, suo figlio maggiore ha iniziato a cogliere il senso di tagliare il tempo sugli schermi. Come studente di Matematica, preferisce utilizzare i libri cartacei perchè si è accorto che le versione digitali disturbano la concentrazione.