La relazione tra algoritmi e psicologia è stata portata alla ribalta dalla pubblicazione di uno studio di massa “The facebook experiment”, della Cornell University in collaborazione con Facebook . Esso pone molte domande sul rapporto tra tecnologia della comunicazione e libertà esistenziale della persona.
The Facebook experiment
– la ricerca stessa, nonostante descriva i risultati con toni enfatici, evidenzia come l’impatto degli status degli amici sugli status pubblicati dagli utenti sia soltanto dello 0,07%
– per analizzare gli status si fa uso di un software obsoleto e inadatto, edito nel 1993 per analizzare il contenuto emozionale di testi di più di 400 parole
– violando qualsiasi requisito di scientificità, l’analisi computerizzata di una breve produzione scritta viene equiparata alla condizione psicologica di un individuo
– si trascura il fatto che Facebook è ormai considerata una vera e propria “vetrina relazionale“, in cui l’autenticità come corrispondenza tra Bacheca e vita interiore è intrinsecamente trascurata. E’ ben difficile che un utente insoddisfatto della sua vita, sottoposto ad una carrellata di status di successo e felicità degli amici, mostri agli altri infelicità o invidia. E’ molto più probabile che dissimuli i sentimenti negativi e simuli soddisfazione e contentezza, evitando di essere poi ulteriormente insoddisfatto di sè per il calo di popolarità!
Natura-uomo-tecnologia-libertà
Accenniamo ora al rapporto Natura-uomo-tecnologia-libertà nella prospettiva psicologico-esistenziale. La piena libertà coincide con il benessere psico-fisico. La libertà è in natura tutt’uno con il volere il bene, il pensare il vero e l’agire secondo giustizia. I concetti di bene e di verità affondano le radici nelle leggi naturali del tutto vivente. La tecnologia, in quanto prodotto della mente naturale dell’uomo, non può essere considerata artificiale, in contrapposizione al naturale della Natura.
Il problema infatti non è la tecnologia di per sè ma gli effetti del suo utilizzo da parte di un’umanità alterata proprio nella sua umanità. Lo spaventoso divario tra ricchi e poveri, le guerre, il disastro ambientale, gli olocausti, gli ordigni nucleari… parlanodell’alterazione umana. Il sano e naturale volere il bene diventa volere il male, il pensare il vero diventa il pensare il falso e l’agire secondo giustizia diventa l’agire deliberatamente l’ingiusto. Ed è proprio in questo contesto che si colloca questa ricerca.
Assodata la scarsa qualità scientifica di questo discutibile esperimento sociale, occorre infatti riflettere. Infatti FB sperimenta sempre nuove modifiche dell’algoritmo che predispone l’ordine e la sequenza degli status che l’utente riceve, mettendone alcuni in primo piano e altri sullo sfondo, alcuni vicini e altri lontani. Si tratta insomma del codice che dà un significato autonomo all’esperienza sociale del noto social network.
Adam Kramer, del Core Data Science Team di Facebook, spiega che l’obiettivo della ricerca era migliorare il prodotto. Conclude con “I messaggi online influenzano la nostra esperienza delle emozioni, che potrebbe agire su una gran varietà di comportamenti offline“. Questa è l’unica vera verità dell’intero studio!
Gli algoritmi della manipolazione emozionale
Ma ci può far bene lasciare che un algoritmo informatico, un prodotto commerciale, influenzi la nostra esperienza emozionale e i nostri comportamenti? Tutti ci vogliamo sentire liberi ma quale libertà possiamo sentire se le nostre emozioni e i nostri comportamenti sono influenzati da un codice di cui non sappiamo nulla? Viviamo dunque in democrazia o il potere è piuttosto a un passo dall’essere detenuto da un oligopolio che altera i nostri sentimenti? Un doveroso saluto ora a menti lungimiranti che videro il problema in epoca pre-tecnologica:
Antonio Gramsci, intellettuale e filosofo, affermava che in uno stato moderno il controllo del potere non si ottiene con la coercizione ma con l’abilità di plasmare l’immaginario umano.
In uno dei maggiori capolavori distopici del Novecento, “Brave new world” di Aldous Huxley, si immagina un mondo in cui ogni manifestazione vitale è regolata dal conformismo e dalla persuasione.
Le conclusioni di “The facebook experiment” sono deludenti rispetto al tono sensazionalistico. Dov’è dunque la novità di questa discutibile ricerca?
Il mio social asociale
La novità è che si possa dire alla luce del sole e con la pretesa di scientificità che l’ambiente sociale a cui noi ci adeguiamo può anche essere sostanzialmente fittizio. Infatti esso è il risultato di una sapiente dissezione, selezione, enfasi e riassemblaggio del vero mondo in cui viviamo. Oggi ci sono le possibilità tecniche per creare un ambiente sociale fittizio, cucito su misura delle mie abitudini, diverso per ognuno di noi. Il mio ambiente sociale fittizio, proprio perchè così squisitamente mio, mi impedisce di fatto la comunicazione.
La comunicazione si basa infatti, per definizione, sulla condivisione di uno schema comune. I nostri social possono realizzare così una società del tutto a-sociale. Ecco a tutto tondo il paradosso drammatico del terzo millenni. Le persone sono ossessionate dal bisogno di fare quello che fan tutti, mentre ognuno infelice, solo sul cuore della Terra, vive in un mondo diverso!
Algoritmi e nuove forme di condizionamento
Con le nuove tecniche di big data analysis and surveillance vengono superati i problemi della pubblicità tradizionale. Quando si guarda uno spot si può provare repulsione: a nessuno piace che gli si dica cosa deve pensare. Nel web dei giorni nostri invece è molto più difficile provare fastidio perchè i contenuti – scelti da altri – si adagiano automaticamente nelle forme che noi preferiamo.
Internet oggi ci permette di spazzare via le barriere fisiche tra esseri umani, ma allo stesso tempo permette un’indagine invisibile e invadente dell’interiorità di ognuno. La sociologa Zeynep Tufekci evidenzia che le piattaforme come Facebook sono caratterizzate da una grande asimmetria d’informazione. Certuni possono ottenere risposte, che noi non abbiamo, a domande che non ci hanno mai rivolto e di cui non siamo consapevoli. Di fronte all’interfaccia apparentemente semplice e banale si cela invece il più complicato meccanismo di alterazione delle coscienze mai realizzato.
La tecnologia non è nè innaturale nè patogena di per sè, ma è uno straordinario strumento che può dare immensi benefici o incommensurabili danni…