Già Hahnemann, fondatore dell’omeopatia e autore di un piccolo trattato sul caffè, “Wirkungen des Kaffees” (1803), in Die Chronishen Krankheiten (1828) osservava che le abitudini non sono facili da modificare e che il medico deve realisticamente adattare le proprie prescrizioni su dieta e modo di vivere alle circostanze di vita del paziente.
Hahnemann dedusse da molte osservazioni sistematiche che solo tra i 20 e i 30 anni la sospensione del caffè è priva di inconvenienti, mentre per età superiori, a motivo della lunga abitudine, è opportuna la riduzione molto graduale. Hahnemann ritenne in una prima fase di poter concedere caffè in quantità ridotte ad anziani che non volevano rinunciarvi, ma poi l’esperienza gli dimostrò che questo interferisce con la cura e il fatto che l’abitudine sia antica non toglie ad essa nocività! L’interferenza del caffè con la cura omeopatica si spiega con l‘azione medicamentosa del caffè.
Il motivo per cui viene assunto è infatti il suo effetto primario stimolante, cui segue rapidamente il suo effetto secondario di stanchezza e sonnolenza che richiede un nuovo caffè.
Il caffè, sottoposto a procedimento di diluizione-dinamizzazione diventa il rimedio Coffea cruda e il thè diventa il rimedio Thea sinensis; questi sono prescritti solo nel caso che presentino similitudine col quadro sintomatologico della persona. Coffea cruda e Thea sinensis hanno molte più proprietà del caffè e del thè grezzi ed essendo di natura energetica non agiscono direttamente sugli organi, ma bensì sulla forza vitale interna, che coordina, controlla e anima gli organi con la forza della vita.
Se ci pensiamo, l’abitudine al caffè è collegata al sostenere attività che sentiamo incapaci di attivare il nostro essere, che ha dunque bisogno di un caffè… ritmi di vita moderni ma non solo, visto che già nell’Ottocento si poneva il problema. Richiamandoci ad Hahnemann, il fatto che la questione sia antica non toglie ad essa problematicità:
Nella pratica clinica l’abitudine al caffè e al thè si valuta caso per caso: è richiesto al paziente di evitarli in concomitanza dell‘assunzione del rimedio omeopatico unitario e se ne raccomanda sempre la moderazione. In alcuni casi, se rimedi ben indicati non determinano in tempi ragionevoli il miglioramento atteso, si prende in considerazione la sospensione del caffè mentre in molti casi il processo di guarigione si associa a diminuzione del bisogno di caffè e quindi a spontanea riduzione o abolizione di esso.